Page 1 of 17

© Logoi.ph – Journal of Philosophy – ISSN 2420-9775

N. II, 6, 2016 – Children for Philosophy

286

Lina Lippolis

I bambini amano leggere Parmenide. Cronaca di un’esperienza di

filosofia con i bambini dai 5 ai 9 anni sul tema del divenire

Peer-reviewed Article. Received: September 20, 2016; Accepted: October 10, 2016

Abstract: Starting from exploration of philosophical methods with / for children and from reading A. Gopnik,

I search for a common ground where philosophers and children can come together to explore the world. The

narrative, understood as a medium, is the frame in which the project ‘Io e Sofia’ moves, a project which tells

the story of a stormy shipwreck and adversity of a landing. Literary fiction can address a single philosophical

issue from many angles, not least the poetic, artistic, musical. It is interesting the function of philosophy,

which regains its role in bonding (and significant) knowledges in an interdisciplinary perspective.

Partendo dall’esplorazione dei metodi di filosofia con/ per i bambini e dalla lettura di A. Gopnik, si cerca un

territorio comune dove filosofi e bambini possano incontrarsi per esplorare insieme il mondo. La narrazione,

intesa come medium, è la cornice in cui si muove il progetto ‘Io e Sofia’, che narra la storia tempestosa di un

naufragio e le avversità di un approdo. La finzione letteraria permette di affrontare una sola tematica

filosofica da molti punti di vista, non per ultimi quello poetico, artistico, musicale. Interessante la funzione

della filosofia, che riacquista il suo ruolo di collante e significante del sapere, in una prospettiva

interdisciplinare.

Keywords: Fiction, Narrative, Time, Interdisciplinarity, Philosophy with Children

Parole chiave: Finzione, narrazione, divenire, interdisciplinarietà, Filosofia con i bambini.

***

La filosofia con i bambini è stato un incontro inaspettato per me che non avevo mai

lavorato con i bambini e mai insegnato filosofia. Non avrei voluto insegnare, né tantomeno

occuparmi di bambini, ma, si sa, siamo innamorati soprattutto di quello che ci manca1

.

Entrare in una classe di bambini mi spaventava un po’, nonostante anni di formazione

rivolta agli adulti.

I bambini, in effetti, mettono a nudo: sono come uno specchio, ti rifletti nei loro occhi,

nei loro gesti e, nella migliore delle ipotesi, nei loro sorrisi.

Sono passata attraverso metodi che non mi hanno convinta del tutto, altri che ho trovato

più affini, ma la conclusione, dopo un anno di lavoro nelle classi, è stata che in una classe

non puoi avere una scaletta, discorsi che si ripetono in ogni situazione: sono una coperta

sempre o troppo lunga o troppo corta.

Ho provato a utilizzare sempre la stessa coperta, ma la filosofia mi ha insegnato a

dubitare delle verità assolute e a esplorare i contorni delle cose con assoluta perizia fino a

trovare uno smottamento, una caduta, una crepa attraverso cui guardare nuovi orizzonti.

Mi serviva un vestito su misura e solo io, con le mie forze potevo confezionarlo.

La filosofia è libertà e per filosofare si deve essere liberi, conquistandosi i piccoli passi

verso la meta; accettare un metodo come un atto di fede non può essere la strada.

D’altra parte, «chiunque voglia diventar libero, deve diventarlo da sé, e che a nessuno la

libertà cade in grembo come un dono miracoloso»2.

Questa era la strada.

1 Cfr. Platone, Simposio, a cura di G. Colli, Adelphi, Milano, 1979.

2 F. Nietzsche, La Gaia scienza, Adelphi, Milano, 1993, af. 99.

Page 2 of 17

© Logoi.ph – Journal of Philosophy – ISSN 2420-9775

N. II, 6, 2016 – Children for Philosophy

287

1) Il bambino filosofo

In una classe di piccoli molto più facilmente che in una di adulti si smette di essere

quello che si è abitualmente per trasformarsi in una comunità di ricerca filosofica.

È importante a tale proposito sottolineare che con i bambini è facile filosofare, molto più

che con gli adulti; chi non l’ha mai sperimentato potrebbe provare sulla propria pelle la

meraviglia di platonica memoria e rimanerne oltremodo stupito.

Leggere Il bambino filosofo di A. Gopnik3 è stato al riguardo una conferma e nello stesso

tempo una rivelazione.

La differenza tra bambini e adulti è così profonda che con A. Gopnik viene spontaneo

chiedersi: com’è essere bambini?4

Se la loro mente è incredibilmente plastica e aperta alle possibilità, possiamo

«affermare che i bambini piccoli sono meno assuefatti, meno focalizzati e più plastici di

noi»5.

Dopo aver mostrato le profonde differenze fra mondo adulto e mondo bambino, per

cercare di capire i bambini, Gopnik immagina di impegnare gli adulti nelle stesse attività

infantili chiedendosi se la coscienza adulta guadagni o perda in termini di consapevolezza.

Un bambino, in presenza di un oggetto anche minimamente inaspettato, presta

immediatamente la sua attenzione con uno sguardo prolungato.

In questo senso Gopnik osserva che «i bambini mostrano un appetito vorace e

inestinguibile per l’imprevisto»6.

Laddove dove nell’adulto l’attenzione può essere governata da eventi esterni ma anche

interni, il bambino sembra essere completamente in balia del mondo esterno, e questo è

vero tanto più se il bambino è piccolo.

Questa condizione, se pur minore, è presente ancora in bambini in età scolare.

L’adulto, immaginato nelle stesse condizioni, cioè immerso in un flusso di informazioni

sempre nuove, diviene simile ad un viaggiatore in un paese straniero, la cui attenzione

viene attratta maggiormente da oggetti ed eventi esterni piuttosto che da intenzioni e

decisioni proprie.

Solo una situazione di massima apertura a nuove informazioni come un viaggio dove si è

immersi in un flusso di informazioni nuove, è infatti confrontabile nell’adulto alla

dimensione mentale del bambino.

Similarmente al viaggio anche la meditazione renderebbe l’adulto più recettivo e

plastico, più incline alle nuove scoperte, in una parola lo metterebbe in una situazione

simile a quella curiosità a trecentosessanta gradi tipica dell’infanzia.

Il risultato? Per l’adulto il recupero di una predisposizione alla scoperta: la scoperta di

nuove cose su di sé e sul mondo.

In un laboratorio di filosofia con i bambini è dunque necessario che il filosofo si senta

viaggiatore in una classe di viaggiatori; che sappia affrontare l’imprevisto, che sappia

vedere con gli occhi di un bambino, diventando bambino fra i bambini.

I bambini sono per natura dei viaggiatori orientati alla scoperta.

Più dei filosofi, molto più degli adulti.

Ma quali sono i motivi alle origini di queste profonde differenze?

Per Gopnik il bambino è addirittura una specie diversa di Homo Sapiens, poiché lo

sviluppo umano sarebbe più una metamorfosi che una semplice crescita.

In una prospettiva evoluzionistica, per Gopnik, laddove l’adulto sarebbe deputato alla

pianificazione a lungo termine, all’esecuzione rapida ed automatica, i bambini, piccoli e

3 A. Gopnik, Il bambino filosofo, tr. it. Bollati Boringhieri, Torino, 2009

4 Ivi, p. 140.

5 Ivi, p. 141.

6 Ivi, p. 132.

Page 3 of 17

© Logoi.ph – Journal of Philosophy – ISSN 2420-9775

N. II, 6, 2016 – Children for Philosophy

288

grandi, esplorerebbero le potenzialità del mondo. Esplorerebbero, senza finalizzarle, le

potenzialità umane, come in un gioco senza inizio e senza fine dove la finzione e la realtà si

confondono.

Questa profonda diversità, nel periodo prolungato di immaturità infantile, sarebbe

correlata all’abilità umana di cambiamento e di evoluzione.

Ma cosa fa principalmente il bambino per esplorare il mondo? Il bambino che

sperimenta nuovi mondi e possibilità è il bambino che gioca, laddove gioco significa

manifestazione vivente di immaginazione e di apprendimento.

Possiamo affermare che il bambino occupa tutto il suo tempo (proprio come un

filosofo!) a vagliare tutti i mondi possibili, a immaginare soluzioni esplorando potenzialità,

giocando con i se e creando nuove mappe per esplorare la realtà in una prospettiva

evoluzionistica.

Persino il suo cervello è dotato di caratteristiche che lo rendono molto più incline

all’immaginazione di un adulto, essendo la sua corteccia prefrontale ancora in fase di

maturazione7.

2) Filosofia e finzione. Il potere delle storie

A questo punto, se possiamo affermare che per il bambino il gioco è un particolare tipo

di ‘allenamento’ volto ad esplorare il mondo, è lecito porsi una domanda: cosa accomuna

filosofia e gioco? Ma anche: cosa accomuna filosofia ed arte, letteratura o poesia e teatro?

In generale cosa ha in comune la filosofia con ogni territorio di confine fra finzione e realtà

quale può essere ad esempio quello della narrazione?

Il filosofo è tradizionalmente designato ad esplorare mondi possibili, a mettere tutto in

discussione, a percorrere con nuovi occhi ciò che è tradizionalmente già dato per scontato

senza un particolare scopo e senza voler raggiungere un particolare risultato; egli è dunque

paragonabile ad un bambino che ‘finge’ mentre impara che cos’è la vita? Possono essere i

filosofi in una classe di bambini, bambini con i bambini, ed incontrare con loro mondi

sconfinati? È la filosofia con i bambini un territorio per la filosofia parzialmente

inesplorato e forse anche sottovalutato?

Possono i filosofi con i bambini imparare ad affrontare le questioni della vita reale, in

una visione di pratica filosofica, attraverso il territorio protetto della finzione?

Come afferma R.Tagore in una famosa filastrocca :

Con grida e danze s’incontrano i bambini

sulla spiaggia di mondi sconfinati.

Fanno castelli di sabbia

e giocano con vuote conchiglie.

Con foglie secche intessono barchette

e sorridendo le fanno galleggiare

sull’immensa distesa del mare.

I bambini giocano sulla riva dei mondi8.

È possibile per il filosofo farsi bambino e con i bambini giocare su quella riva?

Qual è il luogo dove insieme, si può, bambini e filosofi, con facilità, entrare nel territorio

della finzione?

C’è una struttura che risale alla notte dei tempi, che è universale e fruibile da tutti: è la

struttura del narrare.

7 Ivi, p. 25.

8 R. Tagore, Sulla spiaggia dei mondi, in Bruno Rossi (a cura di), Sulla spiaggia dei mondi. Canti e poesie

d’ogni terra, E.M.I, Bologna, 1985, p. 85.Ibid.

Page 4 of 17

© Logoi.ph – Journal of Philosophy – ISSN 2420-9775

N. II, 6, 2016 – Children for Philosophy

289

Da Omero alla tragedia greca, dalle fiabe ai racconti popolari alle moderne fiction, alla

narrazione è affidato il compito di trasmettere il senso della vita. Le storie spiegano le

debolezze, le forze, le speranze, le paure dell’uomo, sviluppano il senso di appartenenza,

sono memorabili perché come la memoria vivono di immagini, sono dinamiche e suscitano

riflessioni, stimolano la fantasia, fanno immaginare le conseguenze delle scelte.

Il nostro cervello è predisposto ad apprezzare le storie. Come animali sociali

raccontiamo storie sugli altri e per gli altri. Le storie ci aiutano a restare aggiornati su quel

che avviene nelle comunità in cui viviamo.

Il mondo immaginario di una storia può essere un campo di addestramento, un luogo

sicuro in cui possiamo allenarci a interagire con gli altri e apprendere le usanze e le regole

della società.

Una storia può essere quella riva di cui parlava Tagore, quel territorio che possiamo

condividere con l’infanzia per renderci ‘liberi0 dalla realtà.

Attivare attraverso una storia la cosiddetta ‘storylistening trance experience’

9 tanto cara

agli esperti del marketing narrativo, può essere un modo per sedere sulla riva di Tagore

con un bambino, entrare nel mondo protetto dell’immaginazione dove i contorni fra

possibile, impossibile, reale, pensato e immaginato finalmente scompaiono

3) Il progetto ‘Io e Sofia’

Soprattutto con i bambini di 5-6 anni, una storia come medium è un ottimo modo per

entrare in quella trance narrativa di cui abbiamo parlato.

Quello che ho fatto è stato creare dei personaggi, una trama, rispettando gli schemi

narrativi canonici sfruttando un po’ la mia esperienza di storyteller in campo pubblicitario

ed editoriale.

Quello che serviva era una un protagonista (buono o cattivo) in viaggio alla ricerca di

qualcosa, un destino da compiere, una sfida portata avanti dal protagonista con il rischio di

fallimento (il viaggio dell’eroe), infine un elemento oppositore, una dinamica di lotta, un

trauma da sanare, un grave problema da risolvere (pathos tragico), dei personaggi, e,

soprattutto, un inizio e una fine.

Oltre alla mediazione narrativa, è fondamentale il

ruolo del narratore/filosofo, la sua capacità di

comunicare e di interagire con una classe di bambini,

questo è un aspetto importante, da non sottovalutare.

Partendo dalla mia esperienza in classi di bambini

dai 5 ai 9 anni posso affermare che può essere

possibile purché il filosofo impari esso stesso a farsi

bambino, aspettando che, dopo aver bussato,

qualcuno decida di farlo entrare.

3.1) La mascotte Sofia e la sua storia come cornice di

un intervento di filosofia con i bambini

Sofia è una mascotte nata dall’immaginazione di

un illustratore10.

Nel primo incontro, Sofia si presenta come

protagonista di una storia avventurosa, anzi per

meglio dire tempestosa, in tutta la sua corporeità.

9 A. Fontana, Storytelling, Etas, 2010, p. 6.

10 La mascotte di Sofia è stata disegnata da Massimiliano Turi dell’agenzia di comunicazione Réclame.

Page 5 of 17

© Logoi.ph – Journal of Philosophy – ISSN 2420-9775

N. II, 6, 2016 – Children for Philosophy

290

Sofia è una bambina bionda, con la testa aperta, vestita in un modo inusuale per essere

nata nel 2016.

Durante il primo incontro ho mostrato l’immagine di Sofia senza commentarla.

I bambini stessi hanno scoperto chi era attraverso un brainstorming.

Subito Sofia, analizzata nelle sue caratteristiche, è stata associata alla filosofia.

Questo intervento introduttivo ha prodotto tante idee diverse sulla domanda ‘cos’è la

filosofia?’, che sono state discusse e commentate una per una.

L’abbigliamento, le scarpe, l’atteggiamento dubbioso, la testa aperta hanno suscitato

interrogativi, tanta curiosità e, soprattutto, non hanno portato a nessuna risposta

definitiva.

Le argomentazioni di tutti, anche quelle apparentemente fuori tema, sono state

commentate, dibattute e accolte non solo come possibili ma come indispensabili.

Cos’è la filosofia? Il cervello di Sofia è composto da varie discipline, così come

spontaneamente l’ha rappresentato una bambina di 8 anni.

Page 7 of 17

© Logoi.ph – Journal of Philosophy – ISSN 2420-9775

N. II, 6, 2016 – Children for Philosophy

292

Non bisogna avere paura dei filosofi: per i bambini sono un affascinante viaggio nel

passato e nelle idee.

Eraclito in tutte le classi ha inviato una lettera

ai bambini scritta in greco antico. Tutti si sono

incuriositi, i bambini stranieri in modo

particolare, si è parlato della lingua e della

cultura greca.

Sofia naturalmente ha fatto da postino.

Eraclito, Parmenide (nelle classi è diventato

una vera star!), Socrate, Platone, Nietzsche, ma

anche artisti, musicisti, scrittori e cantanti pop,

hanno inviato lettere alla classe, hanno dialogato

con i bambini attraverso un mito o con un

aforisma, attraverso un’opera d’arte o una

canzone.

Sorprendentemente, i bambini amano leggere

i filosofi. La mente plastica del bambino, se

stimolata, riesce a cogliere le sfumature del

linguaggio e instaura facilmente un dialogo con

un testo filosofico.

Questo dialogo intimo con il filosofo viene poi chiarito insieme a tutta la classe e serve

ad alimentare la discussione.

Tutti i bambini, anche quelli che generalmente sono meno interessati alle lezioni,

intervengono e dicono la loro. Questo accade perché la filosofia viene presentata ma

soprattutto praticata come libera forma di espressione del pensiero e perché si è lavorato

sulla costruzione di una comunità dialogante che accoglie anziché giudicare.

3.4) Le competenze in uscita

Dialogare con un filosofo prima, con la classe poi, incrementa una serie di competenze

fondamentali.

Le esperienze filosofiche sono intese infatti come ‘allenamenti mentali’ in cui l’esercizio

alla problematizzazione si alterna allo sviluppo dell’espressività orale e in generale della

comunicazione verbale e non verbale.

La diversità dei punti di vista è percepita come una ricchezza, ogni alunno impara ad

accogliere come valida la propria e l’altrui opinione sviluppando la comprensione, l’ascolto

e la fiducia nelle proprie possibilità di pensiero e di azione.

La pratica filosofica permette inoltre di praticare l’esercizio del dialogo, dell’ascolto

attivo e della comprensione più che del giudizio; di imparare a comunicare con il corpo e

con il pensiero; di educare al pensiero logico, al problem solving e alla

concettualizzazione; di favorire l’interdisciplinarietà e una concezione organica e

funzionale del sapere; di esercitare il contro-fattuale, il meccanismo immaginativo,

l’abitudine alla possibilità; di esercitare il decision making , il giudizio critico e la gestione

del contraddittorio.

Un frammento del IV secolo, un aforisma, un mito, accendono l’interesse e la

discussione molto più che una storia costruita ad hoc per arrivare alla discussione e

comprensione di un pensiero.

Tutto questo non significa introdurre nozioni di storia della filosofia nella scuola

dell’infanzia o primaria, ma lavorare sul processo di acquisizione della comprensione di un

punto di vista non usuale, approcciarsi a culture diverse dalla propria, imparare a discutere

Page 8 of 17

© Logoi.ph – Journal of Philosophy – ISSN 2420-9775

N. II, 6, 2016 – Children for Philosophy

293

e ad accogliere l’opinione di tutti in una dimensione di costruzione cooperativa e

antidogmatica del sapere.

Tutto questo ha aperto ai miei occhi un mondo sulle potenzialità e l’impatto che

un’attività filosofica potrebbe avere, se svolta continuativamente, nella scuola primaria.

Se i bambini ‘viaggiano’ più facilmente degli adulti, la filosofia potrebbe ‘allenare’

all’esplorazione del mondo ma anche motivare allo studio delle discipline scolastiche in

una prospettiva di apprendimento significativo e di interdisciplinarietà.

Viaggiare con la filosofia in ambito matematico o storico, scientifico o artistico potrebbe

dunque incidere sulla motivazione o sull’apprendimento?

Può una metafora come quella del fuoco di Eraclito essere trasferita su argomenti

inerenti la matematica, le scienze o la storia?

Risvegliare il naturale richiamo verso il sapere è da sempre uno dei compiti attribuiti

alla filosofia.

I filosofi hanno il compito di riportare alla luce il legame che la conoscenza ha con il

‘mondo della vita’.

Nello stesso tempo, alla maniera di Dewey, la filosofia, visto lo scollamento presente nel

sistema scolastico e la frammentazione della conoscenza ridotta anche nella scuola

primaria a trasmissione frammentaria di nozioni, potrebbe ricoprire il ruolo di collante tra

le varie discipline favorendo l’interdisciplinarietà della conoscenza.

L’approccio filosofico ha infatti come finalità l’esercizio alla domanda, l’interrogazione

come metodo ma soprattutto l’attitudine, tutta filosofica, di collegare le varie discipline in

una prospettiva interdisciplinare.

La filosofia diventa, anche, un ‘supervisore’ deputato al controllo e alla critica delle

discipline di studio, con la finalità di educare alla domanda più che di perseguire una

conoscenza omnicomprensiva di tutto il reale.

Questi sono assunti imprescindibili. Qualsiasi sia il metodo che si utilizza, la filosofia

deve subito essere intesa come educazione alla domanda, come critica dei pregiudizi e

come un’attività pratica di cui è assolutamente indispensabile recuperare il legame con la

vita.

Sin dai primi interventi il bambino deve sentirsi coinvolto emotivamente e

intellettualmente in un dialogo dove tutti sono alla pari e dove ognuno esprime la propria

opinione. A tale proposito è interessante evidenziare la partecipazione degli allievi che

generalmente sono meno attivi in classe o che non ottengono dei risultati brillanti: nella

maggior parte dei casi questi bambini partecipano attivamente ai laboratori di filosofia

perché, laddove si crea una comunità filosofica alla pari, si sentono partecipi come gli altri

e non si sentono giudicati. Loro stessi beneficiano dell’attuazione della critica dei

pregiudizi di cui la filosofia è volano: per questo la filosofia è rivoluzionaria, perché mette

in pratica la ‘rivoluzione’ che promette di attuare.

Page 9 of 17

© Logoi.ph – Journal of Philosophy – ISSN 2420-9775

N. II, 6, 2016 – Children for Philosophy

294

4) Sophia e i lavori dei bambini: documentazione fotografica

Laboratorio Il naufragio, ispirato

ad un aforisma di F. Nietzsche:

Quand’anche l’esistenza del mondo

metafisico fosse dimostrata, (...) la

sua conoscenza rimarrebbe più

indifferente di quanto, per il

nocchiero in pericolo nella

tempesta, è necessaria la

conoscenza della composizione

chimica dell’acqua11

.

11 F. Nietzsche, Umano troppo Umano, tr. it. Mondadori, Milano, pp. 6-8.

Page 10 of 17

© Logoi.ph – Journal of Philosophy – ISSN 2420-9775

N. II, 6, 2016 – Children for Philosophy

295

Page 11 of 17

© Logoi.ph – Journal of Philosophy – ISSN 2420-9775

N. II, 6, 2016 – Children for Philosophy

296

Laboratorio conclusivo del percorso (per i bambini di 6 anni): la costruzione e la

simulazione dell’eruzione di un vulcano:

Page 12 of 17

© Logoi.ph – Journal of Philosophy – ISSN 2420-9775

N. II, 6, 2016 – Children for Philosophy

297

Laboratorio: Il divenire autobiografico

Com’ero, come sono, come sono diventato: divenire e identità

Page 13 of 17

© Logoi.ph – Journal of Philosophy – ISSN 2420-9775

N. II, 6, 2016 – Children for Philosophy

298

Il fuoco di Eraclito con i bambini di 6 anni

Page 14 of 17

© Logoi.ph – Journal of Philosophy – ISSN 2420-9775

N. II, 6, 2016 – Children for Philosophy

299

Punti di vista : D. Bowie e Chopin a confronto

Tutto scorre

Page 15 of 17

© Logoi.ph – Journal of Philosophy – ISSN 2420-9775

N. II, 6, 2016 – Children for Philosophy

300

Page 16 of 17

© Logoi.ph – Journal of Philosophy – ISSN 2420-9775

N. II, 6, 2016 – Children for Philosophy

301

Io sono cambiato (5-6 anni)

Page 17 of 17

© Logoi.ph – Journal of Philosophy – ISSN 2420-9775

N. II, 6, 2016 – Children for Philosophy

302