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N. II, 6, 2016 – Children for Philosophy
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Lina Lippolis
I bambini amano leggere Parmenide. Cronaca di un’esperienza di
filosofia con i bambini dai 5 ai 9 anni sul tema del divenire
Peer-reviewed Article. Received: September 20, 2016; Accepted: October 10, 2016
Abstract: Starting from exploration of philosophical methods with / for children and from reading A. Gopnik,
I search for a common ground where philosophers and children can come together to explore the world. The
narrative, understood as a medium, is the frame in which the project ‘Io e Sofia’ moves, a project which tells
the story of a stormy shipwreck and adversity of a landing. Literary fiction can address a single philosophical
issue from many angles, not least the poetic, artistic, musical. It is interesting the function of philosophy,
which regains its role in bonding (and significant) knowledges in an interdisciplinary perspective.
Partendo dall’esplorazione dei metodi di filosofia con/ per i bambini e dalla lettura di A. Gopnik, si cerca un
territorio comune dove filosofi e bambini possano incontrarsi per esplorare insieme il mondo. La narrazione,
intesa come medium, è la cornice in cui si muove il progetto ‘Io e Sofia’, che narra la storia tempestosa di un
naufragio e le avversità di un approdo. La finzione letteraria permette di affrontare una sola tematica
filosofica da molti punti di vista, non per ultimi quello poetico, artistico, musicale. Interessante la funzione
della filosofia, che riacquista il suo ruolo di collante e significante del sapere, in una prospettiva
interdisciplinare.
Keywords: Fiction, Narrative, Time, Interdisciplinarity, Philosophy with Children
Parole chiave: Finzione, narrazione, divenire, interdisciplinarietà, Filosofia con i bambini.
***
La filosofia con i bambini è stato un incontro inaspettato per me che non avevo mai
lavorato con i bambini e mai insegnato filosofia. Non avrei voluto insegnare, né tantomeno
occuparmi di bambini, ma, si sa, siamo innamorati soprattutto di quello che ci manca1
.
Entrare in una classe di bambini mi spaventava un po’, nonostante anni di formazione
rivolta agli adulti.
I bambini, in effetti, mettono a nudo: sono come uno specchio, ti rifletti nei loro occhi,
nei loro gesti e, nella migliore delle ipotesi, nei loro sorrisi.
Sono passata attraverso metodi che non mi hanno convinta del tutto, altri che ho trovato
più affini, ma la conclusione, dopo un anno di lavoro nelle classi, è stata che in una classe
non puoi avere una scaletta, discorsi che si ripetono in ogni situazione: sono una coperta
sempre o troppo lunga o troppo corta.
Ho provato a utilizzare sempre la stessa coperta, ma la filosofia mi ha insegnato a
dubitare delle verità assolute e a esplorare i contorni delle cose con assoluta perizia fino a
trovare uno smottamento, una caduta, una crepa attraverso cui guardare nuovi orizzonti.
Mi serviva un vestito su misura e solo io, con le mie forze potevo confezionarlo.
La filosofia è libertà e per filosofare si deve essere liberi, conquistandosi i piccoli passi
verso la meta; accettare un metodo come un atto di fede non può essere la strada.
D’altra parte, «chiunque voglia diventar libero, deve diventarlo da sé, e che a nessuno la
libertà cade in grembo come un dono miracoloso»2.
Questa era la strada.
1 Cfr. Platone, Simposio, a cura di G. Colli, Adelphi, Milano, 1979.
2 F. Nietzsche, La Gaia scienza, Adelphi, Milano, 1993, af. 99.
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1) Il bambino filosofo
In una classe di piccoli molto più facilmente che in una di adulti si smette di essere
quello che si è abitualmente per trasformarsi in una comunità di ricerca filosofica.
È importante a tale proposito sottolineare che con i bambini è facile filosofare, molto più
che con gli adulti; chi non l’ha mai sperimentato potrebbe provare sulla propria pelle la
meraviglia di platonica memoria e rimanerne oltremodo stupito.
Leggere Il bambino filosofo di A. Gopnik3 è stato al riguardo una conferma e nello stesso
tempo una rivelazione.
La differenza tra bambini e adulti è così profonda che con A. Gopnik viene spontaneo
chiedersi: com’è essere bambini?4
Se la loro mente è incredibilmente plastica e aperta alle possibilità, possiamo
«affermare che i bambini piccoli sono meno assuefatti, meno focalizzati e più plastici di
noi»5.
Dopo aver mostrato le profonde differenze fra mondo adulto e mondo bambino, per
cercare di capire i bambini, Gopnik immagina di impegnare gli adulti nelle stesse attività
infantili chiedendosi se la coscienza adulta guadagni o perda in termini di consapevolezza.
Un bambino, in presenza di un oggetto anche minimamente inaspettato, presta
immediatamente la sua attenzione con uno sguardo prolungato.
In questo senso Gopnik osserva che «i bambini mostrano un appetito vorace e
inestinguibile per l’imprevisto»6.
Laddove dove nell’adulto l’attenzione può essere governata da eventi esterni ma anche
interni, il bambino sembra essere completamente in balia del mondo esterno, e questo è
vero tanto più se il bambino è piccolo.
Questa condizione, se pur minore, è presente ancora in bambini in età scolare.
L’adulto, immaginato nelle stesse condizioni, cioè immerso in un flusso di informazioni
sempre nuove, diviene simile ad un viaggiatore in un paese straniero, la cui attenzione
viene attratta maggiormente da oggetti ed eventi esterni piuttosto che da intenzioni e
decisioni proprie.
Solo una situazione di massima apertura a nuove informazioni come un viaggio dove si è
immersi in un flusso di informazioni nuove, è infatti confrontabile nell’adulto alla
dimensione mentale del bambino.
Similarmente al viaggio anche la meditazione renderebbe l’adulto più recettivo e
plastico, più incline alle nuove scoperte, in una parola lo metterebbe in una situazione
simile a quella curiosità a trecentosessanta gradi tipica dell’infanzia.
Il risultato? Per l’adulto il recupero di una predisposizione alla scoperta: la scoperta di
nuove cose su di sé e sul mondo.
In un laboratorio di filosofia con i bambini è dunque necessario che il filosofo si senta
viaggiatore in una classe di viaggiatori; che sappia affrontare l’imprevisto, che sappia
vedere con gli occhi di un bambino, diventando bambino fra i bambini.
I bambini sono per natura dei viaggiatori orientati alla scoperta.
Più dei filosofi, molto più degli adulti.
Ma quali sono i motivi alle origini di queste profonde differenze?
Per Gopnik il bambino è addirittura una specie diversa di Homo Sapiens, poiché lo
sviluppo umano sarebbe più una metamorfosi che una semplice crescita.
In una prospettiva evoluzionistica, per Gopnik, laddove l’adulto sarebbe deputato alla
pianificazione a lungo termine, all’esecuzione rapida ed automatica, i bambini, piccoli e
3 A. Gopnik, Il bambino filosofo, tr. it. Bollati Boringhieri, Torino, 2009
4 Ivi, p. 140.
5 Ivi, p. 141.
6 Ivi, p. 132.
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grandi, esplorerebbero le potenzialità del mondo. Esplorerebbero, senza finalizzarle, le
potenzialità umane, come in un gioco senza inizio e senza fine dove la finzione e la realtà si
confondono.
Questa profonda diversità, nel periodo prolungato di immaturità infantile, sarebbe
correlata all’abilità umana di cambiamento e di evoluzione.
Ma cosa fa principalmente il bambino per esplorare il mondo? Il bambino che
sperimenta nuovi mondi e possibilità è il bambino che gioca, laddove gioco significa
manifestazione vivente di immaginazione e di apprendimento.
Possiamo affermare che il bambino occupa tutto il suo tempo (proprio come un
filosofo!) a vagliare tutti i mondi possibili, a immaginare soluzioni esplorando potenzialità,
giocando con i se e creando nuove mappe per esplorare la realtà in una prospettiva
evoluzionistica.
Persino il suo cervello è dotato di caratteristiche che lo rendono molto più incline
all’immaginazione di un adulto, essendo la sua corteccia prefrontale ancora in fase di
maturazione7.
2) Filosofia e finzione. Il potere delle storie
A questo punto, se possiamo affermare che per il bambino il gioco è un particolare tipo
di ‘allenamento’ volto ad esplorare il mondo, è lecito porsi una domanda: cosa accomuna
filosofia e gioco? Ma anche: cosa accomuna filosofia ed arte, letteratura o poesia e teatro?
In generale cosa ha in comune la filosofia con ogni territorio di confine fra finzione e realtà
quale può essere ad esempio quello della narrazione?
Il filosofo è tradizionalmente designato ad esplorare mondi possibili, a mettere tutto in
discussione, a percorrere con nuovi occhi ciò che è tradizionalmente già dato per scontato
senza un particolare scopo e senza voler raggiungere un particolare risultato; egli è dunque
paragonabile ad un bambino che ‘finge’ mentre impara che cos’è la vita? Possono essere i
filosofi in una classe di bambini, bambini con i bambini, ed incontrare con loro mondi
sconfinati? È la filosofia con i bambini un territorio per la filosofia parzialmente
inesplorato e forse anche sottovalutato?
Possono i filosofi con i bambini imparare ad affrontare le questioni della vita reale, in
una visione di pratica filosofica, attraverso il territorio protetto della finzione?
Come afferma R.Tagore in una famosa filastrocca :
Con grida e danze s’incontrano i bambini
sulla spiaggia di mondi sconfinati.
Fanno castelli di sabbia
e giocano con vuote conchiglie.
Con foglie secche intessono barchette
e sorridendo le fanno galleggiare
sull’immensa distesa del mare.
I bambini giocano sulla riva dei mondi8.
È possibile per il filosofo farsi bambino e con i bambini giocare su quella riva?
Qual è il luogo dove insieme, si può, bambini e filosofi, con facilità, entrare nel territorio
della finzione?
C’è una struttura che risale alla notte dei tempi, che è universale e fruibile da tutti: è la
struttura del narrare.
7 Ivi, p. 25.
8 R. Tagore, Sulla spiaggia dei mondi, in Bruno Rossi (a cura di), Sulla spiaggia dei mondi. Canti e poesie
d’ogni terra, E.M.I, Bologna, 1985, p. 85.Ibid.
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Da Omero alla tragedia greca, dalle fiabe ai racconti popolari alle moderne fiction, alla
narrazione è affidato il compito di trasmettere il senso della vita. Le storie spiegano le
debolezze, le forze, le speranze, le paure dell’uomo, sviluppano il senso di appartenenza,
sono memorabili perché come la memoria vivono di immagini, sono dinamiche e suscitano
riflessioni, stimolano la fantasia, fanno immaginare le conseguenze delle scelte.
Il nostro cervello è predisposto ad apprezzare le storie. Come animali sociali
raccontiamo storie sugli altri e per gli altri. Le storie ci aiutano a restare aggiornati su quel
che avviene nelle comunità in cui viviamo.
Il mondo immaginario di una storia può essere un campo di addestramento, un luogo
sicuro in cui possiamo allenarci a interagire con gli altri e apprendere le usanze e le regole
della società.
Una storia può essere quella riva di cui parlava Tagore, quel territorio che possiamo
condividere con l’infanzia per renderci ‘liberi0 dalla realtà.
Attivare attraverso una storia la cosiddetta ‘storylistening trance experience’
9 tanto cara
agli esperti del marketing narrativo, può essere un modo per sedere sulla riva di Tagore
con un bambino, entrare nel mondo protetto dell’immaginazione dove i contorni fra
possibile, impossibile, reale, pensato e immaginato finalmente scompaiono
3) Il progetto ‘Io e Sofia’
Soprattutto con i bambini di 5-6 anni, una storia come medium è un ottimo modo per
entrare in quella trance narrativa di cui abbiamo parlato.
Quello che ho fatto è stato creare dei personaggi, una trama, rispettando gli schemi
narrativi canonici sfruttando un po’ la mia esperienza di storyteller in campo pubblicitario
ed editoriale.
Quello che serviva era una un protagonista (buono o cattivo) in viaggio alla ricerca di
qualcosa, un destino da compiere, una sfida portata avanti dal protagonista con il rischio di
fallimento (il viaggio dell’eroe), infine un elemento oppositore, una dinamica di lotta, un
trauma da sanare, un grave problema da risolvere (pathos tragico), dei personaggi, e,
soprattutto, un inizio e una fine.
Oltre alla mediazione narrativa, è fondamentale il
ruolo del narratore/filosofo, la sua capacità di
comunicare e di interagire con una classe di bambini,
questo è un aspetto importante, da non sottovalutare.
Partendo dalla mia esperienza in classi di bambini
dai 5 ai 9 anni posso affermare che può essere
possibile purché il filosofo impari esso stesso a farsi
bambino, aspettando che, dopo aver bussato,
qualcuno decida di farlo entrare.
3.1) La mascotte Sofia e la sua storia come cornice di
un intervento di filosofia con i bambini
Sofia è una mascotte nata dall’immaginazione di
un illustratore10.
Nel primo incontro, Sofia si presenta come
protagonista di una storia avventurosa, anzi per
meglio dire tempestosa, in tutta la sua corporeità.
9 A. Fontana, Storytelling, Etas, 2010, p. 6.
10 La mascotte di Sofia è stata disegnata da Massimiliano Turi dell’agenzia di comunicazione Réclame.
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Sofia è una bambina bionda, con la testa aperta, vestita in un modo inusuale per essere
nata nel 2016.
Durante il primo incontro ho mostrato l’immagine di Sofia senza commentarla.
I bambini stessi hanno scoperto chi era attraverso un brainstorming.
Subito Sofia, analizzata nelle sue caratteristiche, è stata associata alla filosofia.
Questo intervento introduttivo ha prodotto tante idee diverse sulla domanda ‘cos’è la
filosofia?’, che sono state discusse e commentate una per una.
L’abbigliamento, le scarpe, l’atteggiamento dubbioso, la testa aperta hanno suscitato
interrogativi, tanta curiosità e, soprattutto, non hanno portato a nessuna risposta
definitiva.
Le argomentazioni di tutti, anche quelle apparentemente fuori tema, sono state
commentate, dibattute e accolte non solo come possibili ma come indispensabili.
Cos’è la filosofia? Il cervello di Sofia è composto da varie discipline, così come
spontaneamente l’ha rappresentato una bambina di 8 anni.
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Non bisogna avere paura dei filosofi: per i bambini sono un affascinante viaggio nel
passato e nelle idee.
Eraclito in tutte le classi ha inviato una lettera
ai bambini scritta in greco antico. Tutti si sono
incuriositi, i bambini stranieri in modo
particolare, si è parlato della lingua e della
cultura greca.
Sofia naturalmente ha fatto da postino.
Eraclito, Parmenide (nelle classi è diventato
una vera star!), Socrate, Platone, Nietzsche, ma
anche artisti, musicisti, scrittori e cantanti pop,
hanno inviato lettere alla classe, hanno dialogato
con i bambini attraverso un mito o con un
aforisma, attraverso un’opera d’arte o una
canzone.
Sorprendentemente, i bambini amano leggere
i filosofi. La mente plastica del bambino, se
stimolata, riesce a cogliere le sfumature del
linguaggio e instaura facilmente un dialogo con
un testo filosofico.
Questo dialogo intimo con il filosofo viene poi chiarito insieme a tutta la classe e serve
ad alimentare la discussione.
Tutti i bambini, anche quelli che generalmente sono meno interessati alle lezioni,
intervengono e dicono la loro. Questo accade perché la filosofia viene presentata ma
soprattutto praticata come libera forma di espressione del pensiero e perché si è lavorato
sulla costruzione di una comunità dialogante che accoglie anziché giudicare.
3.4) Le competenze in uscita
Dialogare con un filosofo prima, con la classe poi, incrementa una serie di competenze
fondamentali.
Le esperienze filosofiche sono intese infatti come ‘allenamenti mentali’ in cui l’esercizio
alla problematizzazione si alterna allo sviluppo dell’espressività orale e in generale della
comunicazione verbale e non verbale.
La diversità dei punti di vista è percepita come una ricchezza, ogni alunno impara ad
accogliere come valida la propria e l’altrui opinione sviluppando la comprensione, l’ascolto
e la fiducia nelle proprie possibilità di pensiero e di azione.
La pratica filosofica permette inoltre di praticare l’esercizio del dialogo, dell’ascolto
attivo e della comprensione più che del giudizio; di imparare a comunicare con il corpo e
con il pensiero; di educare al pensiero logico, al problem solving e alla
concettualizzazione; di favorire l’interdisciplinarietà e una concezione organica e
funzionale del sapere; di esercitare il contro-fattuale, il meccanismo immaginativo,
l’abitudine alla possibilità; di esercitare il decision making , il giudizio critico e la gestione
del contraddittorio.
Un frammento del IV secolo, un aforisma, un mito, accendono l’interesse e la
discussione molto più che una storia costruita ad hoc per arrivare alla discussione e
comprensione di un pensiero.
Tutto questo non significa introdurre nozioni di storia della filosofia nella scuola
dell’infanzia o primaria, ma lavorare sul processo di acquisizione della comprensione di un
punto di vista non usuale, approcciarsi a culture diverse dalla propria, imparare a discutere
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e ad accogliere l’opinione di tutti in una dimensione di costruzione cooperativa e
antidogmatica del sapere.
Tutto questo ha aperto ai miei occhi un mondo sulle potenzialità e l’impatto che
un’attività filosofica potrebbe avere, se svolta continuativamente, nella scuola primaria.
Se i bambini ‘viaggiano’ più facilmente degli adulti, la filosofia potrebbe ‘allenare’
all’esplorazione del mondo ma anche motivare allo studio delle discipline scolastiche in
una prospettiva di apprendimento significativo e di interdisciplinarietà.
Viaggiare con la filosofia in ambito matematico o storico, scientifico o artistico potrebbe
dunque incidere sulla motivazione o sull’apprendimento?
Può una metafora come quella del fuoco di Eraclito essere trasferita su argomenti
inerenti la matematica, le scienze o la storia?
Risvegliare il naturale richiamo verso il sapere è da sempre uno dei compiti attribuiti
alla filosofia.
I filosofi hanno il compito di riportare alla luce il legame che la conoscenza ha con il
‘mondo della vita’.
Nello stesso tempo, alla maniera di Dewey, la filosofia, visto lo scollamento presente nel
sistema scolastico e la frammentazione della conoscenza ridotta anche nella scuola
primaria a trasmissione frammentaria di nozioni, potrebbe ricoprire il ruolo di collante tra
le varie discipline favorendo l’interdisciplinarietà della conoscenza.
L’approccio filosofico ha infatti come finalità l’esercizio alla domanda, l’interrogazione
come metodo ma soprattutto l’attitudine, tutta filosofica, di collegare le varie discipline in
una prospettiva interdisciplinare.
La filosofia diventa, anche, un ‘supervisore’ deputato al controllo e alla critica delle
discipline di studio, con la finalità di educare alla domanda più che di perseguire una
conoscenza omnicomprensiva di tutto il reale.
Questi sono assunti imprescindibili. Qualsiasi sia il metodo che si utilizza, la filosofia
deve subito essere intesa come educazione alla domanda, come critica dei pregiudizi e
come un’attività pratica di cui è assolutamente indispensabile recuperare il legame con la
vita.
Sin dai primi interventi il bambino deve sentirsi coinvolto emotivamente e
intellettualmente in un dialogo dove tutti sono alla pari e dove ognuno esprime la propria
opinione. A tale proposito è interessante evidenziare la partecipazione degli allievi che
generalmente sono meno attivi in classe o che non ottengono dei risultati brillanti: nella
maggior parte dei casi questi bambini partecipano attivamente ai laboratori di filosofia
perché, laddove si crea una comunità filosofica alla pari, si sentono partecipi come gli altri
e non si sentono giudicati. Loro stessi beneficiano dell’attuazione della critica dei
pregiudizi di cui la filosofia è volano: per questo la filosofia è rivoluzionaria, perché mette
in pratica la ‘rivoluzione’ che promette di attuare.
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4) Sophia e i lavori dei bambini: documentazione fotografica
Laboratorio Il naufragio, ispirato
ad un aforisma di F. Nietzsche:
Quand’anche l’esistenza del mondo
metafisico fosse dimostrata, (...) la
sua conoscenza rimarrebbe più
indifferente di quanto, per il
nocchiero in pericolo nella
tempesta, è necessaria la
conoscenza della composizione
chimica dell’acqua11
.
11 F. Nietzsche, Umano troppo Umano, tr. it. Mondadori, Milano, pp. 6-8.
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Laboratorio conclusivo del percorso (per i bambini di 6 anni): la costruzione e la
simulazione dell’eruzione di un vulcano:
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Laboratorio: Il divenire autobiografico
Com’ero, come sono, come sono diventato: divenire e identità
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Il fuoco di Eraclito con i bambini di 6 anni
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Punti di vista : D. Bowie e Chopin a confronto
Tutto scorre
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Io sono cambiato (5-6 anni)
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